Produzione Comune di Montalto Dora / Liberamenteunico.
Prima presentazione giugno 2003
Nuovo allestimento febbraio 2008
Con il sostegno della Città di Torino, Sistema Teatro Torino, Regione Piemonte, Liberamenteunico
Con Ilario Cattaneo, Luca Colombelli, Emanuela Currao, Gabriele Falsetta, Marta Gallo, Fabio Irato, Emilio Martinelli, Pier Luigi Massoglia, Daniele Ninarello, Francesco Oberto Tarena, Silvia Vecchini
Collaborazione al progetto Edi Pizzi. Foto di Fabio Maria Palazzolo
Rosetta assiste dalla sua sedia ad una giornata qualunque, un’atmosfera bianca sfocata e irreale in un susseguirsi di immagini evocazioni sogni ricordi… come in un dipinto di emozioni in azione; Rosetta percepisce quello strano ondeggiare sotterraneo che popola ogni essere umano, gorgogliante di pensieri, sensazioni che vivono dentro, sotto… a volte sfuggono; Rosetta vive il sogno infranto, l’incomunicabilità, il fraintendimento e immagina altro – guardando dalla finestra svolazzi di vita.

 

Locandina-Rosettaok

 

 

 

 

…Su un tappeto spinoso di 1500 rose bianche inizia il percorso bipolare tra dolore e piacere di “Rosetta fu”, pièce di teatradanza firmata dalla coreografa Barbara Altissimo su un collage musicale che, non a caso, sovrappone sinfonie e strati sonori…la scenografia è immacolata, mossa da oggetti della vita quotidiana, ugualmente candidi, a evocare stanze dell’anima dove si incrociano le traiettorie umane…

Valeria Crippa – Corriere della Sera (maggio 2008)

…esiste una giornata che si vede, fatta di piccole azioni quotidiane, camminare, lavorare, riordinare, e poi c’è una giornata più intima, protetta, quella delle emozioni, dei sentimenti, dei pensieri nascosti dietro ogni azione. È proprio questa vita dietro la vita che Barbara Altissimo ha scelto di rappresentare in Rosetta fu…

Giovanna Crisafulli – La Repubblica (maggio 2008)

…quando un’ondata di suggestioni si compenetra nell’animo sensibile di un’artista, un vortice di sensazioni straordinarie travolge il pubblico risuonando nell’intimità di ogni spettatore…pareti bianche, sedie rustiche dipinte di bianco, rose bianche che emanano profumi intensi capaci di evocare immagini di purezza, di trasparenza e delicatezza: su questa scena bianca prende vita la fragilità umana…

Viviana Persiani – Il Giornale (maggio 2008)

E’ una verità semplice, lapalissiana, ma spesso trascurata e vilipesa. Arte non equivale ad industria. Non può, la creazione artistica, sottostare a precisi ed imposti ritmi produttivi. Talvolta buone intuizioni hanno necessità di sedimentare, per sbocciare poi, magari prosciugate, cesellate, finalmente icastiche. Come è diventata Rosetta fu, opera di Barbara Altissimo per la sua compagnia di teatro-danza Liberamenteunico, intuita quasi cinque anni fa e maturata ora, nel bel riallestimento ospite della Stagione Caos 07/08. Simile al modello primigenio ma distante per rigore, questa nuova versione sfronda le pedanti ed ammiccanti sottolineature che annebbiavano, anni fa, le buone idee alla base. Ne deriva un lavoro sensato ed ironico, ridente ma pregno di malinconia. Un groviglio di trame, ma è di espressione corporea che si tratta, quindi giustamente sfuggente ai dettami della logica corrente, da cogliere per emozioni ed immagini e non con l’intelletto. Una mistura di solitudini, negli automatismi della vita odierna, nell’indifferenza degli altri, nelle paure, negli esibizionismi, nella voglia di emergere o di annullarsi. La vita fa male come camminare scalzi su un letto di rose bianche, non c’è poesia nei piedi piagati. Ma è anche buffo, tragicomico. E’ stata ben riposta la fiducia in questo giovane ensemble, che si autodefinisce composto di molti non-professionisti. Non è esatto. Sono semi-professionisti, gente che non riesce a vivere solo di arte ma che in palcoscenico è a suo agio e ha doti espressive di tutto rispetto. Si evince, nei quadri ideati da Barbara Altissimo, il talento di gestire i corpi negli spazi, colmandoli, vivificandoli. Non solo. La coreografa-autrice infittisce la pièce di sorprese: tutto ha una funzione ma non tutto è strumentalizzato; hanno la medesima dignità oggetti sospesi o posati in un canto (che restano inutilizzati), delle luci, dei costumi o degli interpreti che li indossano. Teatro è questa magia di complesso, nella sapienza di evocare, alle fantasie dei singoli spettatori, altri mirabili ambiti in cui perdersi.

Maura Sesia – La Repubblica. Recensione pubblicata sul sito STT (febbraio 2008)

Rosetta osserva, ricorda, immagina, rivive, infine rappresenta. A modo suo, “Liberamente”, secondo una poetica in cui coniugare le armonie del corpo e i gesti estremi della nevrosi, evidenziarne le antitesi, i possibili punti di raccordo. Lo spazio scenico, di un bianco quasi accecante, dalla consistenza sfuocata dei sogni, riflette su di noi le stesse immagini, le stesse sfuggenti emozioni che non siamo in grado di afferrare ma che, nel profondo, sotto la traccia superficiale dell’agire quotidiano, operano a renderci esseri umani. Rosetta fugge e ricompare, in un incalzante succedersi di quadri che sottende all’infinito moltiplicarsi e dividersi di relazioni tra individui. Rosetta sa che il percorso di ogni relazione è fatto di piaceri ma anche di dolori: il cammino procede su un tappeto di petali e spine. – Mi ami? – Chiede lui in un’esortazione carica d’aspettativa. – Ci sto lavorando – risponde lei, mentre enumera operazioni matematiche per giungere ad un’improbabile formula perfetta, “che sola potrà darle” una risposta certa. Noi, dalla nostra posizione privilegiata di spettatori, preferiamo non crederci. Per lo più inclini ad una risata liberatoria nell’assistere alle difficoltà di chi s’ingarbuglia tra pensieri che preannunciano l’ineluttabilità del destino. Comunque ci si adoperi e comunque si agisca. Una rosa viene offerta anche a chi assiste, così da costringere ad osservare con gli occhi di Rosetta e a condividerne la danza. Ci lasciamo condurre volentieri dall’originale impronta di questo gruppo di attori e danzatori. Nove individui così lontani tra loro nelle sembianze e nel quotidiano affanno di una ricerca della felicità, eppure così vicini quando, finalmente, le dinamiche del corpo finiscono per avere la meglio, assumendosi il ruolo di protesi dell’anima ed elevandosi a vegliare sulle nostre troppo complicate esistenze.

Daniela Arcudi – Last Seen (febbraio 2008)

…è in corso da qualche tempo una specie di messa in atto della Repubblica di Platone. Qui si fa teatro, si insegna, si produce, si discute, si progetta… Rosetta fu è un elegante e magmatico esempio di teatro danza curato da Barbara Altissimo. Uno spettacolo che ha il suo cuore nelle spirali dell’inconscio e nelle paure da cui il personaggio del titolo cerca di sfuggire. Tutti bravi gli interpreti.

Osvaldo Guerrieri – La Stampa (2003)

Protagonista è il corpo con le sue mille espressioni che si propagano sulla scena in un moto incessante, un movimento che si avvolge e si abbandona, che crea spazi, li dilata e li chiude. Che soprattutto suscita momenti di emozioni e sensazioni, improvvisamente si affacciano alla nostra attenzione e rapidamente scompaiono.

Etta Cascini – Sipario (2003)

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Intervista a Barbara Altissimo 
Rosetta, uno stato dell’essere 
di Silvia Carbotti – Sistema Teatro Torino (febbraio 2008)

Dall’1 al 3 febbraio andrà in scena Rosetta fu riallestimento dello spettacolo nato nel 2003. Nel presentarlo lei parla della presenza di “artisti comuni” e “artisti professionisti”. Cosa significa?

Ho avuto da sempre un grande interesse verso l’insegnamento. Insegnare è senz’altro la cosa che mi piace di più ed è per questo che durante i miei seminari, ho scelto di avere come partecipanti non soltanto dei professionisti, ma anche, e soprattutto, coloro che non lo sono. In Rosetta fu c’è una sintesi di queste attività e pertanto in scena ci sono fra gli altri, un operaio, un bancario e un barista, ma anche un’attrice e un danzatore. Ho volutamente aperto i miei insegnamenti a persone provenienti da percorsi differenti: per esempio a Glamour Express, spettacolo successivo a Rosetta fu, parteciparono sette pensionati…

Perché coinvolgere anche queste persone?

Per prima cosa perché ritengo che questi seminari facciamo bene alle persone che vi partecipano e permettano loro di vivere momenti di apertura verso l’arte, ma anche, e soprattutto, verso se stessi… I percorsi che costruisco sono fondati sostanzialmente su tre ingredienti: movimento, divertimento e musica. Allo stesso tempo, però, servono anche a me che mi nutro della genuinità e delle intuizioni di questi “artisti comuni”. Trovo che coloro i quali non arrivano direttamente dal teatro o dalla danza e non possiedono una tecnica specifica, sono in grado, sulla scena, di raccontare e raccontarsi con intuizioni genuine che spesso, l’attore, il professionista, non è disposto a concedere allo spettatore. L’intonazione più incerta o assente e la postura più quotidiana che impostata spesso raccontano cose che l’attore è meno disposto dare. C’è una purezza, una generosità introvabili, ma soprattutto difficili da riprodurre in modo sterile.

Rosetta fu, da lei ideato e diretto è uno spettacolo estremamente particolare, quasi un percorso nei pensieri e nell’inconscio di una persona…

Questo spettacolo, sotto certi aspetti, è diventato il primo di una trilogia, in realtà non prevista in partenza. Rosetta fu, infatti, ha preceduto Glamour Express e Per sempre. In Glamour le ambientazioni erano rosse, in Per sempre nere. Qui invece è il bianco il colore che conduce la narrazione. Si è partiti soprattutto dalla necessità di raccontare e indagare il tema delle relazioni, della fragilità dell’individuo quando si rapporta agli altri e, in particolare, agli affetti. Basti pensare a quanto ci si sente vulnerabili e fragili nel momento in cui ci si innamora, a quanta paura si ha di perdere la persona amata… In Rosetta fu non è presente una vera storia, è piuttosto come assistere “ad una giornata che non si vede”. Esiste cioè una giornata visibile, quella composta dal susseguirsi delle azioni che compiamo quotidianamente, ma anche una giornata interiore, quella dei pensieri, delle sensazioni, dei sentimenti che proviamo. Volevo parlare proprio di quel movimento interno che esiste e si fa sentire, il sostrato agli eventi quotidiani. Internamente ognuno di noi vive o ha vissuto dei conflitti anche logoranti, ognuno di noi almeno una volta si è lasciato consumare da un dolore. Tutto questo è presente in Rosetta che non rappresenta un vero personaggio quanto più uno stato dell’essere, evocazioni continue e immagini.

Come si sposa il suo percorso professionale con questa trilogia?

Nasco come ballerina, per volontà della mia famiglia. Dunque non si è trattato, almeno all’inizio, di una scelta personale. Ho compiuto il percorso più duro, quello classico. Poi però, soprattutto dopo essere stata alla Martha Graham School of Contemporary Dance ho avuto un’evoluzione verso il mio pensiero della danza: un’evoluzione non soltanto perchè mi sono occupata di danza contemporanea, ma soprattutto perché ho compreso e dato valore alla potenza terapeutica della danza e al suo legame strettissimo con il materiale umano. Contemporaneamente ho lavorato anche nella prosa con Valeria Moriconi, o nel musical durante la mia permanenza negli Stati Uniti. Ho curato anche coreografie per alcune opere, fino a quando ho incontrato Valter Malosti poco più di una decina di anni fa. Con lui ho portato avanti diversi progetti. In tutte queste esperienze è sempre rimasta viva la mia volontà di maneggiare, curare e plasmare il materiale umano, cercando di far capire, a coloro che mi trovavo di fronte, che l’elemento più importante di un’artista non è soltanto la tecnica, quanto la capacità di raccontare qualcosa di sé. La tecnica è fondamentale, ma è altrettanto fondamentale mantenere intatta la capacità di mettersi in gioco.